Kubler e Koblet: una ventata di stile al Giro del 1954.
Tra coloro che contribuirono in modo determinante all’affermazione dello stile nel ciclismo degli anni d’oro, a parte l’immortale Coppi o Fiorenzo Magni (specialmente per i suoi modi signorili), vi furono indubitabilmente i due svizzeri Ferdinand Kubler ed Hugo Koblet, immortalati in diverse foto dell’epoca da cui traspaiono tutto lo charme e la modernità di due atleti senza tempo, veri maestri di eleganza su due ruote. Koblet, detto “l’angelo biondo”, famoso per i suoi capelli mossi alla Mastroianni e i poco pratici ma scicchissimi occhiali in tartaruga, correva quasi sempre con orologi di foggia contenuta ma di grande pregio. Kubler, vagamente somigliante a Coppi, girava sempre con occhiali da aviatore e cappellino con il frontino risvoltato, come farebbero oggi i moderni rapper. Insieme, oltre ad essere famosi principalmente per i loro risultati sportivi (mondiale e tour per Kublet; giro d’Italia e tour per Koblet), furono rinomati anche per la ventata di modernità che portarono all’immagine del ciclismo negli anni della Dolce Vita. Furono, a pieno titolo, la coppia di corridori più chic di tutti i tempi.
tratto da “L’alba dei professionisti”, il libro che narra la nascita dell’estetica ciclistica durante l’epoca d’oro, ora nuovamente disponibile per l’acquisto, come la replica della maglia di campione svizzero 1954 di “Ferdi” Kubler.
Il vero Balmanion
Esattamente cinquant’anni fa “l’aquila del Canavese” vinceva il suo primo di due giri d’Italia consecutivi in maglia De Marchi. Ecco la verità sul suo nome.
Nato a Nole Canavese, borgo di elezione ciclistica a Nord di Torino in direzione Gran Paradiso, l’11 gennaio 1940, Franco Balma Mion è uno di quegli atleti cui il tempo non ha reso giustizia. Emerso un decennio dopo l’incredibile ciclo di Coppi e Bartali, è ancora adesso l’unico italiano da allora ad aver vinto una storica doppietta alla corsa rosa.
Conosciuto anche col soprannome di “campione silenzioso”, Balmamion spiega di aver cambiato il suo nome unendo Balma a Mion per seguire, solo in parte, il consiglio di chi tra il suo entourage al momento di passaggio al professionismo gli suggerì di optare per qualcosa di più lungo, che gli conferisse maggior importanza, come Girardengo.
Fu così che il fiero piemontese in bianconero (la sua squadra, Carpano, disegnò le divise volutamente simili alla Juventus nella speranza di ripetere i fasti della vecchia signora) si presentò al mondo, anche se la ricetta purtroppo non gli impedì di rimanere vittima delle “nebbie del tempo”, come ebbe a dire Herbie Sykes nel suo bellissimo libro “L’aquila del Canavese”.
Franco Balma Mion in uno dei passaggi decisivi al Giro del 1972
“Mi dissero che per diventare un campione che non si dimentica avrei dovuto avere un nome più lungo, tipo Girardengo, e allora fusi Balma e Mion”.
Ricordato giustamente per l’impresa di aver vinto due giri d’Italia consecutivi, conquistati peraltro senza mai vincere una tappa, Balmamion non partiva con i favori del pronostico in quel 1962, ma ebbe la forza di superare quella che viene ricordata come la pagina più difficile di sempre alla corsa rosa, ovvero il tappone dolomitico, che pose la basi per la vittoria finale.
Il due giugno sulle dolomiti la tappa venne infatti flagellata da una nevicata senza precedenti per quel periodo e l’organizzazione della corsa fu costretta ad anticipare l’arrivo al passo Rolle anche a cause degli innumerevoli ritiri dovuti al maltempo.
La vittoria di Milano diede una improvvisa notorietà a Balmamion che fu in grado di ripetersi l’anno successivo ed andò molto vicino al terzo trionfo nel 1967, secondo solamente all’astro nascente del ciclismo, Felice Gimondi.
l’inizio del successo per Balmamion fu sopravvivere al tappone alpino del 1962
Il quarantacinquesimo giro d’Italia partì da Milano il 19 maggio 1962 e si concluse, sempre a Milano, il 9 giugno. I partenti furono 130 ma solo 47 arrivarono alla fine. L’alto numero di ritirati fu dovuto principalmente all’incredibile maltempo durante la quattordicesima tappa tra Belluno e Moena, chiamata appunto “la cavalcata dei monti pallidi”.
“Cominciai a firmare tutto attaccato a scuola, poi anche all’anagrafe. Risultato: una gran confusione. Ufficialmente mia figlia Silvia risulta Balmamion e mio figlio Mauro Balma Mion!”